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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 16
 
originale
 
[16] In cubiculum itaque reversus de genere tumultuario mortis mecum deliberabam. Sed cum nullum alium telum mortiferum Fortuna quam solum mihi grabattulum subministraret, "Iam iam grabattule" inquam "animo meo carissime, qui mecum tot aerumnas exantlasti conscius et arbiter quae nocte gesta sunt, quem solum in meo reatu testem innocentiae citare possum, tu mihi ad inferos festinanti sumministra telum salutare," et cum dicto restim, qua erat intextus, adgredior expedire ac tigillo, quod fenestrae subditum altrinsecus prominebat, iniecta atque obdita parte funiculi et altera firmiter in nodum coacta ascenso grabattulo ad exitium sublimatus et immisso capite laqueum induo. Sed dum pede altero fulcimentum quo sustinebar repello, ut ponderis deductu restis ad ingluviem adstricta spiritus officia discluderet, repente putris alioquin et vetus funis dirumpitur, atque ego de alto recidens Socraten - nam iuxta me iacebat - superruo cumque eo in terram devolvor.
 
traduzione
 
?Cos? tornai in camera pensando al modo pi? spiccio di darmi la morte. Ma non mettendomi la sorte a portata di mano alcuna arma mortale se non il mio letto, cos? a lui mi rivolsi: 'Caro lettuccio mio che dividesti con me tutti i miei guai, che sei stato testimone oculare di quanto ? accaduto stanotte, tu che solo potrei citare a prova della mia innocenza, porgimi l'arma liberatrice che mi mandi alla svelta all'inferno.' ?Cos? dicendo sciolsi la reticella di corda che formava il piano del letto e legatone un capo a una trave che sporgeva sopra la finestra, feci con l'altra estremit? un nodo scorsoio, salii sul letto ormai votato alla morte e infilai la testa nel cappio. Ma non appena, con una pedata, scaraventai lontano il sostegno che mi sorreggeva perch?, per il peso del corpo, il cappio stringesse la gola e mi togliesse il respiro, la corda, marcia com'era, si spezz? ed io precipitai addosso a Socrate che giaceva l? accanto e con lui rotolai per terra.
 

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